2 Novembre, 2020

“Fate giornalismo con l’anima”

Intervista a Igor Traboni, giornalista e poeta, responsabile delle comunicazioni sociali della diocesi di Anagni-Alatri

Come nasce la tua passione per la poesia?

La mia passione per la poesia ha il nome ben preciso di “Wladimiro” e il mio stesso cognome: Traboni. Ovvero: mio padre. Venuto a mancare sette anni fa, si dilettava con la poesia, come pure con ogni cosa che sapesse di “lettere”: tornato dal suo lavoro, che era ben altro in un ufficio dell’Enel, poi lo vedevo chino per ore a scrivere nel suo studiolo. E scriveva di tutto: romanzi, racconti e poesie, per l’appunto. Una passione che nutriva dalla giovinezza, compresa quella per il giornalismo, ma poi le circostanze della vita lo hanno indotto a coltivare altro… per campare. Ma quel “morbo” della scrittura gli è rimasto dentro e me lo ha trasmesso.

Io ovviamente non sono un poeta. Scrivo versi quando ne sento il bisogno, l’urgenza direi. E scrivo quando mi coglie l’ispirazione, che può arrivare da tutto: dal classico tramonto, da un vuoto o da un “pieno” che hai dentro, da una preghiera o da un desiderio mal riposto, da una città o da una passeggiata, da un affetto a un addio.

“Isole” è la mia prima raccolta, nata quasi per caso e soprattutto per l’intuizione di quel genio editoriale del mestiere di… editor che risponde a Roberto Di Pietro e all’esistenza di editori veri e leali, come quelli di Ensemble. Poi ho avuto la fortuna di incrociare la strada e l’amicizia di Davide Rondoni, uno dei più grandi se non il più grande poeta italiano contemporaneo, che mi ha firmato la prefazione. E reso felice.

Sei anche un giornalista molto attivo. Che cosa significa, per te, comunicare? 

Prima bisognerebbe rispondere alla domanda: “Che cosa vuol dire essere un giornalista?”, ma francamente… non lo so fino in fondo. L’unica cosa che so è che fin da piccolo non desideravo fare altro che il giornalista e già alle elementari le paghette finivano all’edicolante, per i quotidiani (ma anche per le figurine dei calciatori, ovvio). Prendevo il giornale, mi nascondevo e, con il manico di una scopa a mo’ di microfono, declamavo gli articoli come se fossi un inviato dei tg. Poi sono cresciuto, in un periodo – fine anni ‘80 e inizi ’90 – in cui entrare in un giornale non era poi così difficile.

Io ho avuto la doppia fortuna di vivere in una città di provincia, a Frosinone, e di entrare in un quotidiano locale. Ecco, lì ti rendi conto che comunicare vuol dire “raccontare” (e cercare di raccontare di tutto, perché in un foglio locale devi saper fare di tutto, dalla politica alla cronaca). Quelli erano tempi d’oro per i quotidiani. La gente credeva a una cosa “perché c’è scritto sul giornale”. E dunque “quella cosa” dovevi darla facendo sentire protagonista quella persona. O quanto meno spettatore, ma in prima fila.

Per me la “cronacaccia” è stata poi una bella esperienza formativa, ma anche lo sport, comprese le cronache delle partite da una radio locale. Certo, poi sono arrivati altri giornali, testate nazionali comprese, e questo lavoro è cambiato in un modo che tutti conoscete. Ma il dato di fondo del “comunicare” resta, e guai se non fosse così. Se posso aggiungere un aspetto, che spero non suoni presuntuoso: da ultimo dei cristiani, cerco di ispirarmi anche a quello che diceva Paolo VI: “Fate giornalismo con l’anima”. Ci provo. Raramente ci riesco ma almeno ci provo.

Quale contributo può dare la poesia al mondo di oggi?

Un contributo di… poesia. E non gioco con le parole (anche se, come hanno detto alcuni critici della mia raccolta, è una cosa che mi piace moltissimo), ma penso che proprio questo è quello che serve. La poesia non salverà il mondo, ma lo renderà un po’ migliore. E poi, sfatiamo anche questo falso mito della poesia che, con tutti i problemi che abbiamo, non serve: quando ho presentato il mio libro, il libro di un non-poeta, sono accorse centinaia di persone nonostante un temporale da tregenda. E, se non le mandavo via, sarebbero ancora lì a sentir parlare di poesia.

Igor Traboni, 56 anni, di Frosinone e del Frosinone (intesi come città e come squadra di calcio). Da 30 anni è felicemente sposato con Tiziana, papà di Edoardo Gabriele.

Giornalista professionista dal 1991, ha lavorato in fogli locali e nazionali  ma anche in uffici stampa. Da ultimo è stato caporedattore al “Giornale d’Italia”. E’ responsabile delle comunicazioni sociali della diocesi di Anagni-Alatri.

E’ stato consulente editoriale per “Chi credete che io sia?”, programma sulle vocazioni andato in onda la scorsa primavera su Rai Tre.

Ora è freelance e scrive soprattutto per “Avvenire”, “Osservatore Romano”, i settimanali “Maria con te” e “Credere”, il sito di informazione “Orwell.live”.

Ha un blog: www.traboniecattivi.it.

“Isole” (Edizioni Ensemble) è la sua prima raccolta di poesie. Per richiederlo:

https://www.edizioniensemble.it/prodotto/isole-2/