La sofferenza è un fattore di crescita? Su questa domanda difficile ed inquietante, che accompagna da sempre l’esperienza umana, ruotano gli articoli della rivista “Rogate ergo” di febbraio alla luce del dolore causato dalla pandemia.
“La sofferenza è una scuola di vita -scrive Paola Bignardi, esperta in temi dell’educazione – ma come ogni scuola ha bisogno di buoni maestri, di adulti che sentono la responsabilità di accompagnare e di comprendere”. Tra questi soprattutto i consacrati che operano accanto a chi soffre. L’esperienza di alcuni di loro, riportata dalla rivista, rileva come essere guida nei periodi bui dell’esistenza significa comprendere la forza curativa della sofferenza per un nuovo orientamento nella vita.
La camilliana suor Marina, caposala all’Ospedale Madre Vannini di Roma, riferisce di aver visto malati di Covid rivolgersi a Dio senza timore. “La loro situazione -dice- porta i malati a cercare nei consacrati un segno della presenza di Dio”.
D’accordo il cappellano dello stesso ospedale, il polacco Slawomir Skwierzynski, che confessa come lo stare accanto ai malati soli l’ha portato a riflettere sulla propria vocazione.
Il cappellano dell’Ospedale Martini di Torino, Don Peppe Logruosso, ha scelto di accompagnare i malati, i medici e gli infermieri, inventandosi un’emittente Web: la White Radio.
E se a livello di sicurezze umane la pandemia non risparmia nessuno, lo scrittore Eraldo Affinati intravede nella coscienza di finitudine lo stimolo a discernere ciò che è essenziale e ciò che non lo è, giungendo a toccare anche la fede.
Non a caso l’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo di Milano riferisce come molti giovani hanno trovato nella fede una forza e una consolazione impossibili altrove all’epoca del Covid-19.