Incontro con l’artista Massimiliano Ferragina
Massimiliano Ferragina nasce a Catanzaro il 17 settembre 1977.
Si trasferisce giovanissimo a Roma, dove si laurea in filosofia e teologia presso la Pontificia Università Gregoriana.
La sua espressione artistica è influenzata notevolmente sia dal suo percorso accademico, sia da un viaggio di tre mesi in Sud America e da tre formative residenze d’artista a Parigi (2005), Berlino (2011) e Copenaghen (2012).
Esordisce in Italia nel gennaio 2012, con il premio Open Art, presso le sale del Bramante a piazza del Popolo (RM).
I suoi numerosi progetti artistici hanno sempre un profondo ed introspettivo messaggio, in cui il mondo interiore è protagonista e motore immobile.
Il suo sito è: https://ferraginart.onweb.it/it
Massimiliano come nasce la tua passione per la pittura?
La passione per la pittura nasce come necessità interiore innanzitutto, un bisogno enorme di esprimere il mio essere. Dipingere è come scrivere, con un linguaggio fatto di colori, linee, curve, segni e simboli. Ho avuto modo nella mia infanzia di frequentare gli studi degli artisti locali del mio paese di origine, e sentivo che quello volevo fare anche io. Poi crescendo ho capito che la pittura non era solo passione ma vero bisogno, senza di essa mi sentirei incompleto. La pittura nasce in me come unica possibilità per realizzare i desideri. I miei desideri legati alla pittura, fin da bambino, erano e sono tutti centrati sulla paura di essere “anonimo” di passare in questa vita come “uno tra tanti” di essere considerato un codice fiscale, un numero utente, ecco il mio desiderio è riuscire ad essere Massimiliano Ferragina, uno tra tanti certamente, ma che ha qualcosa da dire. Il mio desiderio è essere ascoltato, di essere “io” per qualcuno. Il desiderio di poter essere riconosciuto e riconoscibile, di essere chiamato per nome e in questo nome “comprendermi”. Ambizioso, sì! L’arte è per me l’unico modo che conosco per “dire” me stesso.
Nella storia dell’arte, quali sono i pittori e gli stili di pittura che ti hanno più colpito e affascinato? E perché?
La mia pittura stessa lo dice. Basta guardare i colori dominanti delle mie opere. Il giallo, il rosso, il blu. Reputo pittori maestri nella storia dell’arte Marc Chagall e Vasilly Kandinskj. Ho studiato tanto il 900 nel mio percorso formativo. Mi sono recato fisicamente nei luoghi dove hanno vissuto i maestri di questa epoca. Ho girato l’Europa in lungo e largo passando giornate intere innanzi ai capolavori del XX secolo, dell’Espressionismo astratto (anche americano) e dell’Informale in particolare. Ho rubato con gli occhi. Ho letto biografie, cataloghi, articoli, per sentirmi prossimo ai maestri. Seguo i solchi tracciati principalmente da Marc Chagall come dicevo e del Primitivismo, per quanto riguarda l’uso ed il potenziale dei colori primari. Seguo come un messia Kandinskij, per il suo “Spirituale nell’arte” e la sua astrazione fatta di punti linee e curve.
In quale modo dipingi? Utilizzi tecniche e stili diversi per esprimerti?
Dipingo utilizzando diversi materiali, spazio dai colori acrilici più veloci nell’utilizzo, più facili da lavorare, a quelli ad olio più lenti e impegnativi, passando per matite acquerellabili, pastelli ad olio, carboncino, cere, vernici. Anche le tecniche sono diverse, le scelgo in base al lavoro che devo realizzare oppure secondo istinto. La tecnica che utilizzo spesso è ideata da me, si chiama Acrilico lavorato ad acqua, in pratica diluisco il pigmento acrilico e poi lo stendo sulla tela creando pozze d’acqua colorata. L’asciugatura lenta farà il resto, serve dosare bene il colore per ottenere effetti molto belli altrimenti irrealizzabili. Uso la tecnica dello spatolato, dello sgraffio, del collage, la pittura materica, insomma spazio in modo creativo. In questo momento sono in una fase di abbandono della tela e sto molto utilizzando l’acquerello su carte fatte a mano.
Tra le tue opere, ce n’è qualcuna alla quale ti senti particolarmente affezionato. E perché?
Sarò strano, lo so! Non mi affeziono alle opere, una volta realizzate le considero cosa a sé. Le ripongo nello studio e le giro verso il muro, per un po’ non voglio vederle. Ci sono poi opere che ti rimangono nel cuore oltre le stramberie dell’artista. Particolarmente cara mi è l’opera “Trasfigurazione” una tela di un metro e venti per un metro e cinquanta che si trova all’interno della cappella della Madonna della Bruna dell’Altobello nella Cattedrale di Matera. Mi è cara innanzitutto per il soggetto, l’episodio della Trasfigurazione è narrazione profetica pura, poesia, rivelazione, sentimento, visione. Poi anche la committenza ha reso quest’opera importante ai miei occhi. Il luogo dove si trova. Insomma, una serie di felici concause che mettono questa tela al primo posto tra le mie stesse opere.
Dopo aver finito di dipingere un quadro, qual è la tua speranza? Quali emozioni, quali reazioni speri che possa suscitare una tua opera nelle persone?
È difficile stabilire quando un’opera è finita. Già questo è una grossa difficoltà, ad un certo punto serve fermarsi. Quando ci si ferma serve un tempo di decantazione per far parlare l’opera, per ascoltare la sua visione di ciò che era l’intenzione dell’artista, ammesso che questa ci sia stata. Le speranze nascono in questo preciso istante, quando l’opera comincia a rivelarsi, la speranza che possa comunicare la sua verità, che possa scomodare le persone, che abbia il potere di sbilanciare l’osservatore, di metterlo al muro e costringerlo a ripensare la sua visione delle cose. Queste sono le mie speranze, quelle di “provocare”.
Nel tuo sito c’è una parte dedicata alla pittura emozionale? Ce ne puoi parlare?
La pittura emozionale è la pittura che indaga le emozioni, cerca di decifrare gli stati d’animo con l’aiuto dei colori e la loro fascinazione su ciascuno di noi. E’ una pittura primitiva, istintiva, vibrante, che va letta alla luce del poi, che va interpretata successivamente alla sua realizzazione puramente immediata. Una pittura utilizzata in ambito terapeutico, psicologico. La pittura emozionale nasce in ambito ospedaliero per permettere ai pazienti di elaborare le emozioni non chiare, indecifrabili altrimenti. Non esiste un vero fondatore, è una pittura nata dalla prassi, spontaneamente. In Italia credo di essere l’unico però ad aver ideato un percorso strutturato in quattro fasi che porto in giro per le associazioni culturali, nelle scuole, negli spazi ludici dei musei, nelle parrocchie, ormai da quasi quindici anni.
Sappiamo che hai incontrato Papa Francesco e gli hai regalato alcune tue opere. Puoi raccontarci questo incontro?
Siete informatissimi! Ho avuto la fortuna di incontrare il Santo Padre Francesco nell’udienza del mercoledì 23 giugno 2021. Ho avuto la fortuna di parlargli, di prendergli le mani, di farmi benedire nel mio percorso artistico e soprattutto ho avuto la fortuna di abbracciarlo. Ripartire da un abbraccio di papa Francesco non è da tutti. Desideravo da tempo omaggiare il papa di un mio lavoro a lui dedicato e parlando con un mio amico vescovo mi sono fatto coraggio e gli ho scritto una lettera, allegando un plico contenente due disegni, uno ispirato a san Francesco ed il povero, l’altro a San Giuseppe come omaggio all’esortazione apostolica Patris Corde. Tre giorni dopo nella cassetta della mia posta c’era le lettera intestata dalla Prefettura Pontificia che mi invitava in udienza per “un breve saluto benedicente del Santo Padre”. Potete capire l’emozione, le gambe tremano. Il giorno dell’udienza appena arrivato nel cortile di San Damaso quando mi hanno detto dove sedermi e che il papa sarebbe venuto da me, è subentrata la paura “cosa gli dico?”. Poi vederlo arrivare col suo sorriso e le braccia aperte mi ha messo una quiete interiore che gli avrei raccontato tutta la mia vita. Esperienza che mi ha segnato. Uscito dal Vaticano mi sentivo un uomo diverso, come se tutto avesse trovato il suo posto.
Insieme a Luca Pasquale hai scritto alcuni articoli molto interessanti per l’Osservatore Romano. Puoi parlarci di questa esperienza?
Conosco Luca Pasquale da anni, sono stato l’insegnante di religione della sua seconda figlia. Ci stimiamo molto. Entrambi amiamo l’arte e amiamo scrivere. Un giorno nel mio studio davanti ad un caffe ci siamo detti: perché non proviamo a scrivere a quattro mani coniugando l’arte antica, classica, con quella contemporanea? Subito abbiamo scelto il tema degli articoli “La sacra famiglia nell’arte” perché entrambi stavamo leggendo Amoris laetitia. Dal caffè al progetto è stato un attimo. Abbiamo scritto ad Andrea Monda direttore dell’Osservatore Romano proponendoci per cinque articoli, uno al mese, ed Andrea ha accettato. Felicità assoluta. Con Luca Pasquale è facile scrivere, viaggiamo sulle stesse frequenze, ci diamo consigli sinceri nel rispetto totale del punto di vista l’uno dell’altro.
Quali sono i tuoi sogni, le tue aspirazioni come artista? Hai qualche particolare obiettivo che ti piacerebbe raggiungere?
L’aspirazione massima è continuare a dipingere con la stessa “necessità” che provo ad oggi. A volte temo che questa scompaia e mi rattristo. I sogni sono tanti e diversi. Che poi sono obiettivi veri e propri. Mi piacerebbe ad esempio realizzare una mostra nella sezione contemporanei dei Musei Vaticani, magari con un paio di acquisizioni. Mi piacerebbe illustrare il Messale, portare l’arte sacra contemporanea nelle Chiese, anche quelle antiche, dipingere casule. Al momento l’obiettivo più importante è riuscire a rendere nuovamente lo studio fruibile al pubblico. Il Covid mi ha costretto a chiudere, come tutti naturalmente, ma il mio studio è pensato per aggregare, incontrare, fare comunità.
Concludiamo con una domanda personale: c’è qualche particolare momento della tua esperienza di questi anni, come artista, che porti nel cuore?
Questi anni sono stati ricchissimi dal punto di vista artistico, e aggiungo, nonostante la pandemia. L’ esperienze che l’arte mi ha permesso di vivere sono numerose e tutte di grande emozioni. Se proprio devo sceglierne una direi la mia Personale Pittorica al Circolo degli Ufficiali a palazzo Barberini in Roma, mostra curata dalla dott.ssa Costanzo, diciassette opere dedicate a Pier Pasolini ed al suo pensiero. Un progetto ambizioso, difficile, ma che mi ha lasciato un grande bagaglio di sapere, proprio studiando Pasolini, oltre che la possibilità di creare un dialogo Pittura/Letteratura.
Intervista a cura di Carlo Climati