di Carlo Climati
Anamei è un documentario di Alessandro Galassi che nei prossimi mesi sarà presentato in alcuni festival in Italia e all’estero. Ho visto il trailer su YouTube e mi ha colpito molto.
Invito a vederlo, perché la bellezza e la poesia di queste immagini toccano veramente il cuore.
“Ho cercato di trasmettere fragilità e bellezza, distruzione e speranza, il suono dei canti tradizionali dei popoli amazzonici, preghiere cristiane e un senso di umanità condivisa”, ha spiegato Alessandro Galassi. “Anche e soprattutto per chi non ne è ancora consapevole. Spero che a loro arriverà principalmente questo documentario. Todo está interconectado,tutto è connesso”.
Proprio così: tutto è connesso. Nell’ottobre scorso si è tenuto il Sinodo di vescovi sul tema “Amazzonia: Nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale”. Un bellissimo momento d’incontro e di riflessione su argomenti fondamentali per tutti noi, perché tutto è connesso.
Vedendo le immagini del trailer di Anamei mi è venuto subito in mente un film indimenticabile: “La vita è meravigliosa” di Frank Capra. Racconta la storia di un angelo che riesce a distogliere un uomo in crisi, George Bailey, dalla sua intenzione di suicidarsi.
George (l’attore James Stewart), nel corso della sua esistenza, non aveva fatto altro che seminare il bene. Aveva costruito un villaggio per i poveri e salvato la vita a suo fratello Harry. Il fratello, a sua volta, aveva salvato la vita a tanti soldati, durante la guerra.
L’angelo mostra a George come sarebbe stata diversa, e triste, la sua città se lui non fosse mai nato. Nessuno avrebbe mai costruito le case per i poveri. Nessuno avrebbe salvato la vita a suo fratello, il quale, essendo morto, non avrebbe potuto salvare i soldati.
L’angelo dice a George: “La vita di un uomo è legata a quella di tanti altri uomini. E quando quest’uomo non esiste, lascia un vuoto”.
Siamo di passaggio su questa terra. Ma c’è una cosa importante che dovremmo sempre ricordare: noi non siamo soli. Le nostre vite non possono perdersi nell’egoismo di un guscio. Ogni nostra scelta può condizionare, nel bene o nel male, la vita degli altri. Perché tutto è connesso e il nostro cuore batte con l’Amazzonia.
Dio ci domanderà: “Che cosa avete fatto per l’Amazzonia insanguinata?”
La domanda posta nel trailer di Anamei tocca tutti noi. Ci interroga sulle nostre scelte di vita, come le parole dell’angelo nel film “La vita è meravigliosa”, perché il futuro dell’Amazzonia e dei suoi popoli sarà decisivo per l’equilibrio del nostro pianeta.
Ecco il trailer di Anamei:
https://www.youtube.com/watch?v=OtbZl6mjDuA
Condivido, con molto piacere, anche la sinossi di Anamei, tratta dalla sua presentazione, che illustra la storia e i contenuti dell’opera di Alessandro Galassi.
“Quando ormai la terra sarà sul punto di distruggersi, quando l’umanità si troverà sull’orlo dell’abisso, quell’albero verrà. Un albero ci salverà. E sarà l’albero di Anamei”.
Ad Anamei si rivolse, al principio dei tempi, il popolo indigeno Harakbut dell’Amazzonia peruviana per salvarsi dalla distruzione. E continua a farlo anche oggi per trovare la forza di resistere a vecchi e nuovi conquistadores.
Anamei è un documentario che racconta di alberi, di uomini e di Dio con uno sguardo amorevole sulla bellezza del mondo e delle persone.
Un tremendo pericolo incombe su questo popolo di meno di 2mila superstiti e sul resto della regione, cuore ferito e pulsante dell’Amazzonia peruviana, nella regione di Madre de Dios: l’estrazione dell’oro. Le miniere illegali hanno ingoiato oltre 50mila ettari di foresta, trasformando gran parte della riserva della Tampobata in una landa di terra rossa. Insieme agli alberi, il metallo prezioso divora le vite di centinaia di migliaia di donne e uomini, ostaggio del lavoro schiavo e della prostituzione forzata. Madre de Dios è, dunque, la metafora concreta di quanto crisi ambientale e crisi sociale siano intimamente collegate. Per questo, papa Francesco ha deciso di aprire là, nel gennaio 2018, il Sinodo sull’Amazzonia. Il Pontefice della Laudato si’ ha chiamato la Chiesa universale – non solo quella locale – a riflettere sulla realtà amazzonica, cartina di tornasole delle sfide, spirituali e materiali, della contemporaneità.
Il mito di Anamei costituisce l’asse portante del documentario, raccontato in audio dalla poetessa Ana Varela Tafur – i cui versi sono citati in Querida Amazonia, esortazione apostolica di papa Francesco – e in video da una grafica con disegni realizzati da bambini Harakbut. La storia scorre come un filo rosso, cucendo insieme quattro blocchi narrativi in un unico racconto, che si snoda tra una sponda e l’altra dell’Atlantico.
Il primo presenta la febbre dell’oro e il suo impatto devastante su ambiente e popolazioni native.
Il secondo nucleo narrativo si concentra sul viaggio di papa Francesco a Puerto Maldonado, capitale di Madre de Dios, gesto che ha attirato gli occhi del mondo sulla regione e il suo dramma. Jorge Mario Bergoglio vede nella creazione devastata uno dei grandi segni di questo tempo.
La celebrazione del Sinodo, avvenuto a Roma nell’ottobre 2019, costituisce il terzo blocco del racconto. La portata storica di un confronto ecclesiale sulla spiritualità amazzonica, sulla saggezza profonda degli indigeni e sulla possibilità di un dialogo alla pari fra culture è passato, purtroppo, in secondo piano nel tam tam mediatico. Le voci di Yesica e Delio e di altri esponenti indigeni riportano il confronto alla sua dimensione originale. E fondamentale. Ed esprimono lo stupore per le resistenze, dentro e fuori la Chiesa, alla prospettiva del Papa che li considera custodi della Madre Terra e, pertanto, alleati indispensabili dell’umanità.
A pochi mesi dalla conclusione del Sinodo, il Covid flagella Vecchio e Nuovo mondo. La pandemia costringe l’umanità sulla medesima barca. Una zattera fragile, a causa della violenza con cui l’essere umano si accanisce sulla natura, provocando le zoonosi, all’origine del virus.
In una piazza San Pietro deserta, Francesco cammina stanco sotto la pioggia.
Non tutto, però, è perduto. La salvezza è ancora possibile. Per tutti.
Alessandro Galassi è filmmaker e documentarista. Vive e lavora tra Roma e città del Messico dove è socio fondatore di Lum arte y media ed è il corrispondente per Rai Italia.
In Italia ha collaborato con Rai3, Rai1, Rai Cultura, Corriere della sera, Università la Sapienza, Endemol, Magnolia.
Tra i doc più importanti ha realizzato Il posto della neve (Rai Cinema), Fronteras (Rai3), Sassi (Corriere della sera).
Il suo sito è www.alegalassi.it