Il 14 ottobre 2022, nell’Auditorium “Giovanni Paolo II” dell’UER, si è tenuta la cerimonia di conferimento dei diplomi di laurea.
Pubblichiamo integralmente il discorso di Mattia Bruni, nostro laureato, che ha raccontato la sua esperienza di vita e di studio presso l’Università Europea di Roma.
Due anni e mezzo fa scoppiava una pandemia, pandemia, parola a noi tutti sconosciuta prima di quel durissimo marzo 2020. La nostra quotidianità fu sconvolta.
24 febbraio 2022, le truppe russe invadono i territori ucraini. Il mondo cambia, la politica, l’economia, gli equilibri si rompono, il colpo è pesante, perché riguarda ognuno di noi.
Ho deciso di esordire con questi due fatti che hanno scandito, nel bene e nel male, le nostre vite.
Erano i primi mesi del 2019 quando misi piede per la prima volta in questo Ateneo. Tra lo stupore dei miei genitori, che ci tengo a ringraziare calorosamente, e la mia piacevole incredulità, avevo fatto la scelta più giusta della mia vita. Avevo deciso di darmi l’opportunità migliore che potessi concedermi.
Cosa hanno in comune questi tre avvenimenti? Molto, direi. Quel giorno, quasi 4 anni fa, feci il passo decisivo per la mia formazione culturale, personale, umanistica e spirituale.
Stiamo vivendo un segmento di storia tutt’altro che sbiadito. Gli eventi sembrano rincorrerci. E noi studenti siamo qui dietro ad un banco di università, guardando il futuro con occhi speranzosi.
Abraham Lincoln diceva “Io devo studiare sodo e preparare me stesso perché prima o poi verrà il mio momento”.
La verità è che le occasioni nella vita sorgono solo per chi è davvero preparato. Il mondo fuori è il mondo del denaro facile e rapido, dell’inganno del carrierismo sfrenato, della prevaricazione continua. Ma guardiamoci negli occhi, noi siamo di più. E l’Università Europea ce lo ha dimostrato ogni giorno. Dalla giornata della matricola, passando per le prime lezioni, ai primi incontri di peer tutoring, i disperati ricevimenti con i professori, i laboratori di orientamento al lavoro, le opportunità di tirocinio, gli erasmus. Il grande filo conduttore siamo noi, uomini e donne del presente e del futuro.
La nostra non è solo un’Università, è molto di più. Credetemi, non è la solita frase messa qui per abbellire un discorso. In queste quattro mura c’è una famiglia, un porto sicuro, un luogo in cui sentirsi sempre a casa.
Queste righe non vogliono essere una blanda descrizione delle attività svolte in questi anni. Potrei elencarvi ogni singolo attimo vissuto qui dentro, ma il mio racconto non renderebbe giustizia a nessuno di essi. Quello che vorrei portare alla vostra attenzione, non prima di sentiti ringraziamenti, è l’importanza che questa Università, attraverso tutti i suoi interpreti, dà alla formazione umana.
Se dopo 4 anni che sono qui ho deciso di spendere parole di sincera gratitudine il merito è dei tanti “angeli custodi” che sono in questi uffici. Persone preparate, che hanno profondamente a cuore il nostro bene, lo affermo anche da un punto di vista professionale, visto che sto avendo l’opportunità di collaborare con alcuni di loro. Ringrazio il corpo docenti, sempre dimostratosi all’altezza, qualificato e disponibile, con lezioni interattive anche durante il periodo di didattica a distanza. Un grazie speciale a tutto il personale tecnico-amministrativo che ci ha accompagnati nelle scelte più importanti, in particolare ringrazio l’ufficio Orientamento e Job Placement, di cui ora faccio parte, per l’organizzazione dei laboratori di orientamento al lavoro, il peer tutoring, il tutoring docenti, il coaching individuale e di gruppo. Grazie a voi non ci sentiremo smarriti per il grande salto verso il mercato del lavoro. All’Ufficio di Formazione Integrale, il nostro vero fiore all’occhiello, che ci offre una formazione a 360 gradi per prepararci come persone oltre che professionisti. Un ringraziamento al Magnifico Rettore Padre Pedro Barrajon e il Direttore Generale Roberto Filieri, perché se una grande macchina come questa funziona il gran merito è di chi la guida. Il mio più sentito grazie lo spendo per il Centro Pastorale, a Padre Enrico, Padre Nicola, Cecilia, Carolina e tutti gli amici che hanno reso questi anni indimenticabili. Uno in particolare: Antonio, senza il quale nulla di tutto questo sarebbe stato realtà; il segreto è riempire la nostra vita di persone che ci facciano interrogare e chiedere “Chissà cosa sarei se non ci fossimo incontrati”.
Manager di grandi aziende, psicoterapeuti, commercialisti, professori, ricercatori, non importa quale sarà l’etichetta con cui verremo presentati al mondo, ciò che più di ogni altra cosa conta è la passione che metteremo ogni mattina e ogni sera quando apriremo e chiuderemo il nostro computer. La voglia che avremo di far sentire accolte le persone con cui ci interfacceremo. Il dramma più grande del ventunesimo secolo è l’aridità di persone che agiscono con il cuore. Un italiano su tre non crede più nella democrazia. I giovani si allontanano dallo studio. La politica sembra un pianeta estraneo al nostro. L’economia è fatta di soli bilanci e numeri. I giovani non vivono più di passioni proprie, ci si iscrive all’Università perché “lo fanno tutti”. E probabilmente anch’io qualche anno fa ragionai così.
Ma la meta, grazie a queste persone sedute in prima fila, l’ho trovata. E se sbaglierò strada sono certo che il mio navigatore ricalcolerà il percorso. Tre minuti in più, che volete che siano?
Non è il tempo che impieghi a laurearti che farà di te un serio professionista, nemmeno il 29,5 di media, neanche l’erasmus dall’altra parte del mondo e, lasciatemelo dire, nemmeno il 110 e Lode.
Il mondo si sta riempiendo sempre più di professionisti laureati. Eppure non sempre va per il meglio.
Per un uomo che sgancia una bomba su un villaggio, ci sarà sempre uno pronto a salvare vite umane.
Per un uomo corrotto che paga una tangente, ci sarà sempre uno onesto che crederà nella giustizia.
Per un uomo che getta rifiuti in mare, ci sarà sempre un altro che si impegna nel rispetto dell’ambiente.
Sicuri che chi sgancia una bomba, paga una tangente o getta rifiuti non sia laureato?
Ci è stato donato un mondo nel quale vi è tanta luce per credere al bene, ma anche tanto buio per credere al male, da domani quella luce possiamo essere noi.
Saremo uomini e donne con la schiena dritta, capaci di prendere le decisioni giuste al momento giusto?
In una lettera, un paio di millenni fa, un uomo scriveva queste parole a noi tanto care: “Vince in bono malum”, vincere il male con il bene.
Da oggi tocca a noi.
Facciamoci un applauso.
Mattia Bruni, Università Europea di Roma