28 Febbraio, 2021

Un volto che guarda alla giustizia

di Carlo Climati

Credere, amare e impegnarsi per i propri ideali è una scelta di vita. Una scelta che, spesso, può condurre sulla strada del dolore, del sacrificio e della sofferenza.

Monsignor Romero, Padre Rutilio Grande, i martiri dell’Università UCA a San Salvador… sono soltanto alcuni dei nomi che mi vengono in mente quando penso a chi ha donato la propria vita impegnandosi pacificamente per un ideale di giustizia e di uguaglianza, ispirato al messaggio del Vangelo.

Purtroppo la storia si ripete. Ancora oggi, agli inizi del terzo millennio, sono tante le storie di violenza e di persecuzione nei confronti di chi ha scelto di essere al fianco degli ultimi.

Recentemente mi ha colpito molto la storia del gesuita Padre Stan Swamy, 83 anni, in carcere dall’8 ottobre 2020, dopo aver dedicato la sua vita allo sviluppo integrale degli Adivasi, una minoranza indigena dell’India settentrionale.

La notizia dell’arresto di Padre Stan ha suscitato manifestazioni pacifiche di solidarietà in varie parti del mondo, in cui le persone espongono striscioni con la scritta “Stand with Stan”.

Nonostante l’età avanzata e le sue difficili condizioni di salute, Padre Stan è tuttora in carcere.

Significative sono queste sue parole, pronunciate in un videomessaggio diffuso alcuni giorni prima del suo arresto:

Quello che mi sta succedendo non è un caso isolato. È un processo più ampio che si sta verificando in tutto il Paese. Tutti sappiamo che autorevoli intellettuali, avvocati, scrittori, poeti, attivisti, leader studenteschi vengono imprigionati soltanto perché hanno espresso dissenso o hanno messo in questione i poteri forti che operano in India. Quindi siamo parte del processo. In un certo senso, sono felice di far parte di questo processo, perché non ne sono uno spettatore silenzioso ma un componente attivo, sono in gioco e pronto a pagarne il prezzo, quale che sia”.

In occasione dei suoi 100 giorni di detenzione Padre Stan ha scritto una lettera dal carcere in cui ha manifestato il suo apprezzamento per la solidarietà ricevuta:

“In molti momenti le notizie di questa solidarietà mi hanno dato un’immensa forza e coraggio, specialmente quando l’unica cosa certa in carcere è l’incertezza”.

Ma la bellezza della lettera di Padre Stan è soprattutto nelle parole di vicinanza espresse per le persone che vivono la sua stessa situazione:

“In questi 100 giorni un’altra cosa che mi ha dato forza è stata osservare le traversie di tutti coloro che si trovano in attesa di giudizio. La maggior parte di queste persone viene da comunità economicamente e socialmente deboli. Molti di questi poveri in attesa di giudizio non sanno nemmeno quali accuse siano loro rivolte, non hanno mai visto i propri fascicoli giudiziari e semplicemente rimangono in carcere per anni senza alcuna assistenza legale o di altro tipo. Nel complesso, quasi tutti i detenuti in attesa di giudizio sono costretti a vivere col minimo indispensabile, indipendentemente dal fatto che essi siano ricchi o poveri. Questo crea un senso di fratellanza e di comunità, dove comprendersi l’un l’altro diventa possibile anche in questa avversità”.

Quella di Padre Stan è certamente una storia di ingiustizia e di sofferenza, simile a quella di altre persone che hanno scelto di essere vicine a chi non ha voce. Ma è anche una storia di speranza, un’opportunità di risveglio delle coscienze e di impegno comune per la giustizia e per i diritti umani.

Arturo Sosa, Padre generale della Compagnia di Gesù, in occasione dei 100 giorni di detenzione, ha diffuso un videomessaggio che ho apprezzato molto. L’ho trovato molto positivo, costruttivo, incoraggiante:

“Padre Stan ha messo la sua vita al servizio dei poveri, ha chiesto giustizia in particolare per dalits e adivasi, ha dato conforto a uomini e donne, ha dato voce ai senza voce. Nonostante la sua età, non ha smesso mai di ispirarci, è un esempio per il nostro carisma, un volto che guarda alla giustizia. I gesuiti di tutto il mondo hanno trovato modi innovativi per manifestare lo loro solidarietà e ciò ha permesso di sperimentare la dimensione internazionale della nostra vocazione. Vi invito a continuare con le dimostrazioni di solidarietà in favore di padre Stan e gli altri difensori di diritti umani arrestati. Preghiamo per rafforzare la nostra missione di giustizia e riconciliazione”.

Per approfondire l’argomento consiglio di visitare questo sito dei Gesuiti in India, ricco di informazioni e costantemente aggiornato:

https://standwithstan.jcsaweb.org/

Ecco il link della dichiarazione del Segretariato per la Giustizia Sociale e l’Ecologia (SJES), della Compagnia di Gesù:

https://www.jesuits.global/it/2020/10/09/solidali-con-padre-stan-swamy-un-gesuita-di-83-anni-arrestato-in-india/

Questo è link di un servizio di Rome Reports con un’intervista a Padre Xavier Jeyaraj, SJ, Segretario per la Giustizia Sociale e l’Ecologia della Compagnia di Gesù

https://www.romereports.com/en/2020/10/16/jesuits-demand-the-immediate-release-of-fr-stan-swamy-arrested-in-india/

Ecco il link di un articolo di Stanislaus Alla da La Civiltà Cattolica:

https://www.laciviltacattolica.it/articolo/larresto-di-stan-swamy/

Questo è il link di un articolo di Lucia Capuzzi, da Avvenire:

https://www.avvenire.it/mondo/pagine/padre-stan-prove-fabbricate

Infine, ecco il link del videomessaggio di Padre Arturo Sosa, SJ:

https://www.youtube.com/watch?v=tzOJ1uUfLWg