La storia della medicina e degli ospedali è ancora attuale? Insegnare e far conoscere lo sviluppo della Medicina e della Sanità, nell’arco di millenni, ha valore per comprendere meglio la situazione attuale e il futuro della Medicina moderna?
Sicuramente la “storia è maestra di vita e luce della verità”, come diceva Cicerone, e ci aiuta a capire il passato e ad affrontare i problemi del presente. Perfino a comprendere meglio la sanità di oggi, il rapporto fra ospedale e il cosiddetto territorio, le liste di attesa, ma anche l’enorme sviluppo della tecnologia a scapito della componente clinica del rapporto col malato.
Perché è qui la chiave di tutto, nella relazione clinica di assistenza e cura.
Lo sviluppo della Medicina avviene prevalentemente attraverso i notevoli cambiamenti nella relazione fra paziente-malato e fornitori di cure, cioè gli operatori della salute, come diciamo oggi.
Dall’antichità fino al Medioevo, le pratiche mediche erano spesso empiriche, legate a credenze religiose e molto si basavano sull’autorevolezza del medico. Tuttavia, già nell’antica Grecia e poi a Roma, emerge un concetto di medicina organizzata che pone le basi per gli sviluppi successivi.
Nell’incipit del suo capolavoro “Memorie di Adriano”, Marguerite Yourcenar descrive una straordinaria rappresentazione del rapporto medico paziente:
“Mio caro Marco,
Sono andato stamattina dal mio medico, Ermogene, recentemente rientrato in Villa da un lungo viaggio in Asia. Bisognava che mi visitasse a digiuno ed eravamo d’accordo per incontrarci di primo mattino. Ho deposto mantello e tunica; mi sono adagiato sul letto. Ti risparmio particolari che sarebbero altrettanto sgradevoli per te quanto lo sono per me, e la descrizione del corpo d’un uomo che s’inoltra negli anni ed è vicino a morire di un’idropisia del cuore (…)
È difficile rimanere imperatore in presenza di un medico; difficile anche conservare la propria essenza umana: l’occhio del medico non vede in me che un aggregato di umori, povero amalgama di linfa e di sangue. E per la prima volta, stamane, m’è venuto in mente che il mio corpo, compagno fedele, amico sicuro e a me noto più dell’anima, è solo un mostro subdolo che finirà per divorare il padrone”
L’uomo, anche se imperatore, è disarmato e inerme davanti al suo medico e al suo corpo ormai in degrado.
Gli ospedali, nascono inizialmente come strutture di assistenza caritatevole. Nella Grecia e Roma antiche, esistevano luoghi dedicati alla cura degli infermi (Asklepieia in Grecia e Valetudinaria romani) ma non erano ospedali nel senso moderno: servivano più come santuari dove i malati cercavano guarigione attraverso riti e preghiere.
Nell’antica Roma, in particolare, si era diffusa la pratica delle “teofanie”, nel corso delle quali i medici-sacerdoti e i loro collaboratori, travestiti adeguatamente, organizzavano nelle strutture sanitarie delle messe in scena con la comparsa degli dei guaritori per agevolare la cura dei pazienti.
Con la diffusione del cristianesimo, in particolare nel Medioevo, nascono le prime vere strutture ospedaliere legate ai monasteri, fondate su valori di carità e assistenza ai bisognosi, che rimangono per secoli, grazie all’impegno della Chiesa Cattolica, le fondamentali strutture dove si faceva assistenza sanitaria con presa in carico del malato.
Nel Rinascimento, grazie all’interesse per la scienza e alla riscoperta dei testi classici, si assiste a un rinnovamento nella pratica medica. Gli ospedali cominciano a trasformarsi, non solo come luoghi di assistenza, ma anche come centri di formazione medica. Vengono sviluppate tecniche innovative in chirurgia e medicina, favorite dallo studio diretto del corpo umano e dalle prime autopsie che migliorano la conoscenza dell’anatomia.
Con l’avvento della rivoluzione industriale, si assiste a una crescita della popolazione urbana e, di conseguenza, a una maggiore domanda di servizi sanitari. Gli ospedali si evolvono ulteriormente, diventando non solo luoghi di cura, ma centri per l’innovazione tecnologica e la ricerca scientifica.
Un tempo vi era un’idea romantica della medicina e del medico come missionario. L’idea della professione medica come missione è durata fino a tutta la prima metà del ‘900, poi vi è stata l’evoluzione e l’omologazione fra medicina e scienza. In realtà è necessario ricordare che mentre l’attività di ricerca medica è a pieno titolo scientifica, l’attività clinica, in quanto scienza dell’individuo malato singolarmente preso, non può esserlo. Insomma la medicina presa nel complesso delle sue articolazioni non può essere considerata una scienza, ma è oggi indubbiamente fondata nella sua prassi su criteri scientifici.
Per molti secoli il sapere del medico è stato prevalentemente rappresentato dalla conoscenza dell’anatomia, a partire dalla dissezione dei cadaveri umani del fiammingo Andrea Vesalio, fino alle riflessioni anatomo-cliniche di Morgagni .
Nel 1537 Vesalio raggiunse Padova, che sotto la tutela della Repubblica di Venezia stava fiorendo come grande centro accademico. Vesalio pubblicò a Venezia delle tavole anatomiche incise su legno disegnate da lui stesso in collaborazione con alcuni pittori. “Con Vesalio l’anatomista ricercatore assumeva uno statuto intellettuale e professionale nuovo che avrebbe generato grandi contrasti, ma si sarebbe alla fine imposto universalmente per la sua autorevolezza”. Intanto egli lavorava intensamente al capolavoro della sua vita, il “De humani corporis fabrica” (1542), primo radicale tentativo di fondere testo scritto e iconografia anatomica sistematica in un’opera unitaria .
Quasi due secoli dopo, sempre a Padova, si affermò, come professore di medicina teorica, Giambattista Morgagni (1682-1771), che non si limitava a classificare accuratamente i sintomi in tutti i casi che si presentavano, ma quando il decorso morboso si concludeva col decesso del paziente, procedeva all’autopsia, cosa che gli permetteva di stabilire il rapporto fra i fenomeni ante mortem e post mortem. Morgagni pubblicò l’opera “De sedibus et causis morborum per anatomen indagatis” (Venezia 1761), nella quale egli cercava di risalire dalle sedi delle lesioni anatomicamente osservate alle cause delle malattie che avevano determinato la morte. Gli ospedali diventavano luoghi di formazione per medici e infermieri, con l’istituzione delle scuole di medicina legate agli ospedali, in cui gli studenti potevano apprendere attraverso l’osservazione diretta e la pratica clinica.
Come anticipato, l’elemento fondamentale è stata l’evoluzione del rapporto medico paziente. Una volta che la figura del medico ha acquisito un carattere più scientifico e professionale e meno empirico e/o religioso, si è sviluppato il rapporto medico paziente in modo diverso.
In epoca più moderna, all’inizio vi è stato un approccio elegiaco, nel quale prevaleva l’aspetto umanitario di un’assistenza purtroppo non accompagnata da particolari possibilità diagnostiche o terapeutiche e spesso associata ad una visione mistico religiosa. Anche nelle immagini artistiche e nelle riproduzioni dell’epoca era sempre presente l’intervento dei religiosi, della preghiera, del ricorso alla fede.
Sempre più, col passare del tempo, il rapporto si è basato su un approccio paternalistico, nel quale il medico dispensava cure e assistenza, nei limiti del possibile delle conoscenze, e non era prevista la mediazione del paziente né dei familiari. Il medico aveva un ruolo assolutamente indiscutibile e al suo intervento ci si doveva affidare in modo totale.
La visione attuale del rapporto medico-paziente, anche sulla base delle esperienze di oltre oceano, ha assunto un carattere molto diverso, di tipo contrattualistico. Al medico e alle strutture sanitarie ci si rivolge con un approccio anche tipo commerciale e mediato dalle assicurazioni, nel quale il “prodotto salute” viene valutato e monetizzato con una logica che in alcuni casi impronta il funzionamento stesso del Servizio Sanitario Nazionale, come nel nostro Paese, o anche con una visione orientata al business e al profitto delle strutture private coinvolte nel sistema salute.
In passato l’approccio al malato era distante, non prevedeva l’esame fisico e il contatto, e la medicina era “esterna”. Poi strumenti come lo stetoscopio, lo sfigmomanometro e l’elettrocardiografo fecero via via dire addio alla vecchia medicina che teneva a distanza il corpo del paziente, veicolo un tempo di infezioni incurabili. Nasce cosi l’arte (e la tecnica) della visita medica, quel metodo clinico che permette di fare diagnosi malattia sulla base di segni, sintomi e di un accorto esame del malato.
L’elaborazione del metodo clinico passa in Europa per Augusto Murri, il grande cattedratico di Bologna, con la sua ricerca ossessiva della diagnosi, attraverso un’attenta indagine anamnestica e l’osservazione scrupolosa del paziente, quasi come “se conoscendo il nome della malattia essa fosse già sconfitta e almeno in parte è così”.
Dopo Murri, l’altro grande fondatore del metodo clinico (internistico) è stato sicuramente Cesare Frugoni, affermatosi professionalmente come Clinico Medico all’Università di Roma.
Dopo tanti insegnamenti dei clinici, oggi viviamo però il paradosso di una tecnologia avanzata che entra sempre più a fondo nel corpo del paziente, ma che rischia di riportare di nuovo “all’esterno” la figura del medico. La crescita esponenziale delle conoscenze della tecnica ha consentito successi inimmaginabili nella cura delle malattie. Ma la stessa medicina di precisione e personalizzata, pur tanto di moda, si basa in realtà su una valutazione perlopiù molecolare, genetica, che ancora una volta vede lo strapotere della tecnologia rispetto alla valutazione clinica, che dovrebbe precedere e non seguire la tecnica, governandola.
Il medico del futuro dovrà essere capace di utilizzare al meglio tutti i progressi della scienza, a cominciare dalla medicina basata sull’evidenza, da individualizzare e trasferire al paziente visto nella sua interezza e nella sua vita reale. Oggi l’iper-specializzazione ha finito invece per frammentare sempre di più il corpo del malato, visionato dal medico per l’aspetto di propria competenza, tralasciando non di rado tutto il resto, col rischio di omissioni o di errate diagnosi.
Nel XX secolo, l’ospedale diventa il cuore della medicina moderna. L’introduzione di apparecchiature come i raggi X, i primi macchinari per la dialisi, i ventilatori polmonari e, più tardi, la TAC e la risonanza magnetica, rende l’ospedale un luogo altamente tecnologico. Inoltre gli ospedali si dividono in reparti ultra-specializzati (cardiologia, oncologia, neurologia ecc.) permettendo un’assistenza più precisa e avanzata, ma troppo spesso parziale rispetto ad una visione integrata, olistica e internistica, del paziente e del suo stato di salute.
Oggi gli ospedali continuano ad essere epicentri di innovazione, con l’utilizzo di tecnologie avanzate come la robotica in chirurgia, l’intelligenza artificiale nella diagnostica e la telemedicina, che permette di raggiungere pazienti in luoghi remoti. Inoltre, gli ospedali giocano un ruolo fondamentale nella ricerca clinica, con sperimentazioni che permettono la scoperta di nuovi farmaci e terapie, e sono luoghi di formazione avanzata per professionisti della salute.
Le sfide future includono l’adozione della medicina personalizzata, in cui le cure sono adattate al profilo genetico del paziente, e lo sviluppo di modelli di assistenza più sostenibili. Gli ospedali stanno anche affrontando l’integrazione delle tecnologie digitali e di gestione dei dati, garantendo al tempo stesso un’assistenza centrata sul paziente e rispettosa della privacy.
La storia degli ospedali è molto indicativa ed esplicativa della evoluzione della medicina stessa: da strutture di assistenza caritatevole a centri di eccellenza tecnologica, formazione e ricerca.
Essi hanno contribuito a trasformare la sanità moderna, adattandosi ai cambiamenti sociali e scientifici e anticipando le sfide del futuro. In questo contesto, l’ospedale rimane uno degli elementi chiave nel garantire cure di alta qualità e nell’avanzare la frontiera della scienza medica.
La storia della medicina, e in particolare l’evoluzione del rapporto medico-paziente e la nascita e l’evoluzione degli ospedali, rappresentano i capisaldi del processo storico dal quale ha avuto origine la medicina dei giorni nostri.
Prof. Dario Manfellotto
Medicina Interna, Ospedale Isola Tiberina, Gemelli Isola Roma
Docente di Storia della Medicina Università Europea di Roma